L’Ambasciata USA non rispetta i diritti dei lavoratori locali né le sentenze dei giudici italiani.

L’Ufficio legale della Fedae Ceuq denuncia la violazione da parte dell’Ambasciata degli Stati Uniti d’America della decisione giudiziaria pronunciata dal Tribunale del Lavoro di Roma che ha dichiarato illegittimo il licenziamento di un dipendente della suddetta rappresentanza straniera in Italia.

La vicenda riguarda un lavoratore che dopo aver svolto per oltre venti anni servizio presso la suddetta Ambasciata come addetto all’Ufficio acquisti, aveva denunciato al datore lavoro l’insorgenza di una grave patologia oculare che lo aveva costretto ad un periodo di malattia.

Tale patologia era stata riscontrata anche dall’Asl in sede di verifica delle condizioni sanitarie del lavoratore la quale aveva indicato all’Ambasciata di riassegnare il lavoratore ad altre mansioni sconsigliando l’applicazione ai videoterminali che rappresentava la causa, o quanto meno la concausa, della patologia da cui era risultato affetto il lavoratore.

L’Ambasciata americana, oltre a non aver ottemperato alle indicazioni dell’ASL, intimava, per tutta risposta, il licenziamento al lavoratore ritenendo che questi avesse superato il periodo di comporto per malattia.

Dopo aver attivato invano sia la procedura dei c.d. “buoni uffici” presso il Ministero dell’Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale che un tentativo di conciliazione dinanzi alla competente Ispettorato Nazionale del Lavoro, il lavoratore ha proposto ricorso dinanzi al Giudice del Lavoro di Roma.

Il Tribunale di Roma nel pronunciarsi sul ricorso, con Ordinanza del 17.05.2022 pronunciata ai sensi della L. 92/2012 e non reclamata dall’Ambasciata USA nei termini di legge, ha ritenuto preliminarmente sussistente la giurisdizione dell’autorità giudiziaria italiana, posto che il ricorrente, come dipendente dell’Ambasciata convenuta, era addetto all’ufficio acquisti, quindi, svolgeva mansioni ausiliarie non interferenti con l’esercizio dei poteri dello Stato straniero.

Nel merito accoglieva il motivo di ricorso ritenendo che l’Ambasciata USA avesse erroneamente applicato il più breve termine di 180 giorni come periodo di comporto per malattia, stante la diretta applicabilità del più lungo periodo di 18 mesi previsto dalla Disciplina del rapporto di lavoro dei dipendenti delle Ambasciate, Consolati, Legislazioni, Istituti Culturali ed Organismi Internazionali siti in Italia”, il cui art. 18, capo A), par. 1 stabilisce: “Il lavoratore non in prova, assente per malattia, ha diritto alla conservazione del posto per un periodo di diciotto mesi. Ai fini della maturazione di tale periodo, si sommano tutte le assenze per malattia intervenute nei tre anni precedenti l’ultimo episodio morboso in corso.”. Precisava il Giudice del Lavoro che al fine di evitare possibili disparità di trattamento tra i dipendenti delle diverse rappresentanze estere presenti sul suolo nazionale, è stato stipulato, a livello nazionale, il citato accordo, il cui art 1 prevede: “La presente disciplina del rapporto di lavoro regola in maniera unitaria, per tutto il territorio nazionale, i rapporti di lavoro a tempo indeterminato tra le Ambasciate, Consolati, Legazioni, Istituti Culturali, Organismi Internazionali ed il relativo personale dipendente. La presente disciplina, che per tutto il periodo della sua validità deve essere considerata un complesso normativo unitario ed inscindibile, sostituisce ad ogni effetto le norme di eventuali discipline, accordi speciali, usi e consuetudini riferentisi alla disciplina dei rapporti di lavoro fra le Ambasciate, i Consolati, le Legazioni, gli Istituti Culturali, gli Organismi Internazionali ed il relativo personale dipendente, fatte salve le condizioni di miglior favore in atto rispetto alla presente disciplina del rapporto di lavoro. Per quanto non esplicitamente previsto dalla presente disciplina valgono le disposizioni di legge vigenti in materia“. Tale disciplina collettiva espressamente prevede che deve intendersi sostitutiva di altre discipline, di accordi speciali e di usi e consuetudini che si riferiscono a rapporti di lavoro tra gli Organismi Internazionali presenti in Italia ed i loro dipendenti, italiani ed anche stranieri, fatte salve le condizioni di miglior favore.

Da ciò conseguiva la declaratoria, da parte del Tribunale di Roma, di illegittimità del licenziamento in questione avendo, l’Ambasciata americana, applicato una disciplina peggiorativa per giustificare il licenziamento per superamento del periodo di comporto per malattia del lavoratore.

Pertanto, il Tribunale del Lavoro di Roma riconosceva in favore del lavoratore ingiustamente licenziato, ai sensi dell’art. 18, commi 7 e 4, della l. 300/70, come modificati dalla l. 92/2012, il diritto all’indennità risarcitoria pari a 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre ai contributi previdenziali e assistenziali per lo stesso periodo. Inoltre, avendo il ricorrente optato per l’indennità sostitutiva della reintegrazione, condannava l’Ambasciata degli Stati Uniti d’America al pagamento in favore del ricorrente di tale indennità pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.

Tale decisione, tuttavia, ad oggi è rimasta totalmente inadempiuta nonostante la notifica di tale provvedimento e dei successivi atti esecutivi da parte di questo Ufficio legale ed i molteplici solleciti volti ad ottenere il rispetto della pronuncia del Giudice.

Si sottolinea la gravità del comportamento tenuto dall’Ambasciata USA in Italia che nel caso di specie, oltre a non rispettare i diritti fondamentali dei lavoratori italiani impiegati presso la suddetta rappresentanza estera, ignora scientemente la vincolatività delle decisioni dei giudici del nostro Paese.

Non è ammissibile, né tollerabile tale atteggiamento tenuto in spregio evidente delle leggi del Paese ospitante e delle regole democratiche.

Attendiamo un urgente riscontro anche dal Governo, e segnatamente dalla Farnesina, affinchè valuti l’adozione dei provvedimenti più idonei ed opportuni per garantire l’effettività della tutela giurisdizionale italiana a favore del lavoratore in questione e la risoluzione del presente caso.

 

Il Responsabile dell’Ufficio Legale Fedae – Ceuq

Avv. Angelo Calandrini

 

 

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *